Concetto teologico secondo cui, dato che la stragrande maggioranza degli ebrei del primo secolo d.C. non accettò Gesù come proprio Messia, Dio abbia unilateralmente cancellato i suoi patti con gli Ebrei e li abbia trasferiti sui seguaci della Cristianità. Relega il Giudaismo a posizione inferiore e riconosce la Cristianità come Israele "vera" o "spirituale". Questo concetto è stato sviluppato per la prima volta da Giustino Martire (100-165 d.C. circa) e da Ireneo di Lione (130-200 d.C. circa). Godette di grande approvazione nella Chiesa entro il quarto secolo. Si è tradotto in grandi persecuzioni agli Ebrei da parte dei cristiani. Sebbene la Chiesa Cattolica abbia invertito la sua posizione sulla teologia della sostituzione nel ventesimo secolo, molti gruppi protestanti conservatori credono ancora in questo principio. Contrasta con la teologia della sostituzione la teoria del duplice patto, secondo cui i patti di Dio nelle Scritture ebraiche (Vecchio Testamento) sono ancora valide.